25° Maratona Internazionale di Roma

 

Non ero molto preparato per questa maratona. In genere riesco a fare le cose che vanno fatte, ripetute, fondo lento, medi e soprattutto i famosi lunghissimi. Questa volta per una serie di motivi a questo evento ci sono arrivato quasi per caso e con netto ritardo. Per prepararla in realtà ho fatto solo due mezze maratone, utilizzate come medio (Fucecchio e Stramilano), mentre per quanto riguarda i lunghi, giusto uno da 29 chilometri e l’altro di poco più di una trentina di chilometri.

Alla domanda, sei pronto per questa maratona? Questa volta risponderei davvero NO!

Una delle cose belle di quest’anno è, che ho aderito con piacere a una raccolta fondi tramite la “Rete del dono”  iniziativa che ha  lo scopo di eradicare totalmente la poliomelite in quei pochi paesi dove ancora esiste. La realizzazione di tutto è stata possibile essenzialmente grazie ad alcuni nomi che devo citare, il Rotary Club Olympic Roma distretto 2080 e il presidente  Alessandro Baldoni, Stefano Conforto e Domenico Todarello che con la Pasticceria Strabbioni di Roma si è impegnata a 360° per la logistica e il supporto.

Ma veniamo alla maratona, dove ho evidenziato alcune pecche dell’organizzazione, che quest’anno è cambiata rispetto alle precedenti edizioni. Fortunatamente durante la corsa, almeno per quanto mi riguarda è filato tutto liscio. Domenica mattina tutti speravamo non piovesse, e invece…PIOGGIA!

Ne ho presa parecchia, specialmente prima dello start. Parto in prima fila. Lo sparo alle 8:35 da il via a questa nuova avventura di quarantadue-chilometri-e-centonovantacique-metri.

Via dei Fori imperiali è uno spettacolo alla partenza. La prima curva a sinistra in piazza Venezia mi fa quasi scivolare sui sampietrini. La pioggia cade copiosa e mi viene difficile tenere gli occhi aperti.  Riesco a trovare un gruppo con cui inizio a fare i primi chilometri e al mio fianco, senza quasi accorgermene, mi ritrovo Re Giorgio Calacaterra che in pochi metri mi fa capire le sue problematiche fisiche nel correre questa maratona.

Il percorso è cambiato, ma di certo non meno complicato. Sulla Cristoforo Colombo e zona EUR i saliscendi sono parecchi. Riesco a rimanere concentrato e correre comunque rilassato almeno fino al 18° chilometro, dove mi si presenta via della Conciliazione e la bellissima San Pietro che ci accoglie a braccia aperte.

E’ passata quasi un’ora dall’inizio della gara e faccio giusto in tempo a godermi lo spettacolo, che smette di piovere e spunta un timido sole che riscalda l’aria e i vestiti bagnati dalla pioggia precedente, questi diventano una trappola di umidità, che avverto parecchio, tanto da avere un blackout fisico e mentale. Non riesco neppure a far girare i piedi, così butto giù una bustina di maltodestrine, ma non fanno il loro dovere. Decido così di andare avanti a sensazioni, tanto so di non averla preparata e quindi non ho nulla da perdere, qualsiasi sia il crono finale, mi sta bene comunque e resta sempre una soddisfazione portarla a termine.

Passo il cartello della mezza maratona e guardo il display ufficiale, 1h27’ di gara. So che è un buon passaggio e se le gambe reggono, potrei anche fare un discreto tempo di chiusura. Al 30° chilometro  pare che le gambe si siano riprese, ma potrebbe essere solo una sensazione perché non voglio farmi neppure condizionare dal Gps che continuo a non guardare.

Da zona Olimpico si torna verso il cuore della capitale. Ho notato che qualche salita qui è stata abolita, ma i sampietrini, quelli ci sono sempre e sta per farsi più difficile tra stanchezza e forze che vengono sempre più a mancare.

Arrivo a piazza del Popolo dove inizio a vedere più pubblico perché ormai è tarda mattinata e non piove più. I tanti turisti si divertono a guardarci e fare il tifo, qualche romano simpaticamente un po’ meno.

In piazza di Spagna ho qualche pensiero negativo, perché in genere lì si passa al 38° chilometro, stavolta cambiando percorso mi ci ritrovo al 36° chilometro, e la mente mi dice: “ a quest’ora stavi per finire, invece ti mancano più chilometri”. Riesco a togliere i pensieri negativi che affollano la mia mente, mentre i piedi iniziano a reclamare pietà.

Mi godo lo spettacolare passaggio di piazza Navona e una volta superata decido di guardare il cronometro, e no, non ci posso credere! Faccio due calcoli perché mi mancano poco meno di quattro chilometri e so che se continuo così, riesco a stare sotto al famoso muro delle tre ore, che non è male vista la mia scarsa preparazione.

Avrei voluto forzare, ma conosco la difficoltà degli ultimi due chilometri con degli strappi in salita che possono darti il colpo di grazia, come accadde nel 2014 a 600 metri dalla fine i crampi mi hanno tenuto a terra per più di cinque interminabili minuti. Non voglio ripetere l’esperienza così cerco di respirare bene e correre sereno.

Faccio la salita tra piazza Venezia e il Campidoglio per la seconda volta. In discesa mi rilasso e ripeto che manca davvero poco. Altra salita prima di Circo Massimo, qui mi piego sulle ginocchia perché è dura. Mi ritrovo dietro al Colosseo, bello, maestoso, affascinante, che mi corteggia e accompagna verso il quarantaduesimo chilometro.

Percorro via Celio Vibenna e la sua ultima salita di circa 200 metri, che a essere sincero non mi pesa perché ormai sento profumo di traguardo. Mi butto letteralmente giù per piazza del Colosseo e mi ritrovo di nuovo su via dei Fori imperiali, con le mani larghe ad imitare l’aeroplanino andando a destra e sinistra dal pubblico a implorarli di urlare e fare più chiasso. Nella folla riesco a capire anche il cronista che dall’altoparlante mi dice qualcosa riguardo alle mie tante energie di fine gara.

Mi godo gli applausi, ma più di tutto stavolta do un’occhiatina al crono e mi ripeto che sono stato davvero bravo, ma tanto bravo a chiudere questa XXV Maratona Internazionale di Roma in 2h57’50”.

Questa volta non piango come a novembre alla maratona di Firenze che ha segnato il mio ritorno dopo l’infortunio di New York nel 2017.

Stavolta rido e sono felice.

Faccio le fotografie di rito, ritiro la medaglia e vado via, via col cuore felice.