Un anno. Ho atteso un lungo, intero anno per tornare a correre una maratona.
Facciamo un piccolo passo indietro. Era il cinque novembre 2017 quando, durante la maratona di New York, mi sono fratturato il quinto metatarso. Tornato in Italia avrei dovuto correre la maratona di Firenze, ma non ho potuto perché fra l’infortunio in sé e il recupero sono passati quasi cinque mesi.
E’ stato un periodo difficile e impegnativo; la ripresa dell’attività fisica dopo uno stop è sempre un’incognita. Nel mese di aprile ho rinunciato alla tanto desiderata maratona di Boston: non ero davvero in grado di correrla. Ho ricominciato pian piano, aggiungendo giorno dopo giorno chilometro su chilometro.
Ho provato a portare a termine qualche gara, soprattutto mezze maratone, alcune sono andate anche abbastanza bene e mi hanno ridato fiducia su quello che sono in grado di fare. In gara e in allenamento dopo un certo chilometraggio il piede si fa sentire e avverto fastidio, così sono costretto a ridurre la velocità pur di arrivare al traguardo.
Il momento più duro l’ho vissuto durante l’estate: tanto caldo, poche forze, scarsa energia e dolori un po’ ovunque mi hanno impedito di allenarmi come avrei voluto. L’obiettivo autunnale era la maratona di New York, volevo che a distanza di un anno la mia ripartenza avvenisse da dove avevo lasciato. Invece nulla da fare, ho dovuto rinunciare anche alla mia quinta presenza su suolo americano perché non ero nelle condizioni fisiche di affrontare i 42 chilometri della Grande Mela.
E veniamo a quanto successo molto di recente a Firenze, città in cui mi sono trovato non solo per correre la maratona ma anche per vivere il secondo meeting ASICS FrontRunnerItaly, del quale faccio parte. Tre giornate fantastiche e come sempre rese emozionanti dal fatto di ritrovarsi fra vecchi amici e nuovi compagni del team da conoscere, con l’aggiunta di qualche nostro affezionato sostenitore come il simpatico Cosimo Bertotto.
Il sempre disponibile e attento capitano del team, Stefano Baldini, ci ha stimolato con i suoi consigli e regalandoci momenti di intensa riflessione sul mondo dell’atletica siamo rimasti ad ascoltarlo per ore. Difficile dimenticare, d’altra parte, gli immancabili shooting fotografici alle 7:30 del mattino sotto una pioggia battente, dove a immortalare il tutto c’erano l’occhio, la mente e la mano di Andy Astfalck e in alcuni casi di Giancarlo Colombo. Sempre interessanti i nostri incontri in aula per studiare nuovi materiali e alimentare una continua conoscenza dell’azienda grazie alla simpatica Barbara, a Luca, Sara, Sandro di Runlovers e al mitico Giorgio, impareggiabile nel descrivere in modo dettagliato le scarpe che utilizziamo. Non sono mancati i momenti di festa, tra colazioni, pranzi, cene e quattro salti a un qualche party privato presso il meraviglioso The Student Hotel.
Veniamo al giorno della gara. La sveglia non mi suona perché la posiziono ai giorni feriali anziché festivi e mi alzo con un’ora di ritardo rispetto alle 5:30 previste. Subito dopo una leggera colazione lascio l’hotel Mediterraneo, credo di essere l’ultimo a uscire perché sono le 8:00. Sotto una pioggia battente mi dirigo alla partenza, dista due chilometri e approfitto per fare un leggero riscaldamento.
Con il n. 4518 entro in griglia, quella rossa. Lì incontro Giuseppe compagno FrontRunner, lui non deve correre tutta la gara e conta di fermarsi al 21esimo km circa. Io sono emozionato come al primo giorno di scuola. Ho aspettato troppo questo momento e, pur sapendo di non essere preparato al 100% per la maratona, decido di mettercela davvero tutta. Lo start è alle 8:30 in punto. Tempo di fare 300 metri e vedo davanti ai miei occhi Giuseppe cadere rovinosamente, non posso fare altro che saltarlo e sperare non si sia fatto troppo male (il verdetto finale sarà una costola incrinata e qualche escoriazione).
Seppur circondato da 9.000 atleti, mi ritrovo solo con i miei pensieri e con 42 chilometri e 195 metri da percorrere. Paradossalmente mi pesano i primi 10 chilometri, non riesco ad assestare bene il ritmo. Mi metto una mano sul cuore passando al 13esimo km dedicato alla morte del giocatore della fiorentina Davide Astori. Riesco con facilità ad arrivare al passaggio della mezza maratona e noto che le gambe stanno iniziando a girare, ma non faccio in tempo a godermi questa sensazione che, giunto al 23esimo km, scivolo su qualche foglia bagnata dalla pioggia. Non mi perdo d’animo, mi rialzo e come nulla fosse mi rimetto a correre, forse anche con più determinazione di prima.
Attendo il passaggio al 30esimo km, dove ad aspettarmi ci sono i miei amici del team AsicsFrontRunner a fare il tifo; li vedo da lontano e li sento urlare e incitarmi con forza e decisione, mi lascio andare e do il cinque a tutti accennando anche qualche improvvisato passo di danza. Mi costa fatica, ma lo faccio con tutto il cuore. Lascio alle mie spalle le loro confortevoli voci e cerco di concentrarmi, la vera maratona sta per iniziare.
Al 35esimo km c’è il cavalcavia, quello tosto. Qualcuno cammina, io continuo a correre. Faccio più fatica nella discesa, le gambe iniziano a farmi male e la mia frattura mi richiama all’ordine. Mi dirigo verso il centro di Firenze per i chilometri finali. Oggi, nonostante la pioggia, è pieno di gente che si trova lì a tifare per noi.
Al 39esimo km si torna sul Lungarno. Ho un leggero momento di sconforto perché sto andando nel senso opposto alla linea del traguardo, non do spazio al pensiero negativo e mi ripeto che manca poco, davvero poco.
Due-chilometri-al-traguardo e sono mille i pensieri. La mia mente va al momento in cui mi sono fatto male correndo tutta la maratona di New York su una frattura. Ai pianti. Alla difficoltosa e dura ripresa. Agli allenamenti a fasi alterne. Alla lontananza dal mondo della corsa. Alla fatica, al sudore e poi, poi alla passione per questo sport. Lo stato di apparente transfert mentale finisce e mi ritrovo a 600 metri dalla linea del traguardo con tantissime persone che, ombrelli in mano, cercano di farsi sentire. Con le mie ultime forze questa volta sono io a incitare loro, perché ho voglia di sentirli urlare più forte. Gioco con il pubblico e mi diverto, tanto da disinteressarmi al crono finale.
Passo sotto al traguardo urlando e alzando le braccia al cielo in segno di conquista e vittoria, non una vittoria da top runner ma una vittoria personale. Abbraccio il ragazzo che si inginocchia e piange dietro di me, lo invito a rialzarsi e in pochi secondi mi racconta quasi tutta la sua vita. Mi faccio mettere al collo la bellissima medaglia, la coperta termica e vado a prendere una bevanda calda.
Mentre mi dirigo in hotel verifico il tempo di chiusura sul mio Gps Garmin e vedo stampato un bel 02h54’59”: questo è il momento in cui inizio a piangere. Sì, ho pianto come forse non ho fatto alla mia prima maratona. Lacrime di gioia e soddisfazione seguite da sane e isteriche risate scaturite dall’incredulità, dalla gioia e da un grande senso di fiducia e forza che forse credevo di aver perso. 42 km e 195 metri bellissimi per i quali devo ringraziare il mio allenatore Giovambattista Audia che ha saputo cogliere le mie debolezze e i punti di forza in questo mese e mezzo di approssimativa preparazione; il gruppo sportivo col quale sono tesserato, G.S. Interforze Torino; la mia famiglia e ovviamente la mia testardaggine.
Ho Lasciato Firenze sapendo di aver combattuto con il cuore di un leone centimetro dopo centimetro, metro dopo metro, chilometro dopo chilometro per la conquista di questa medaglia.
Adesso sono pronto per la prossima sfida.