Dopo qualche settimana dal mio infortunio durante la Tcs New York City Marathon 2017, colgo l’occasione per fare una considerazione sul fatto se sia più o meno giusto continuare a correre quando ci si fa male durante una competizione o se ci sia un problema fisico con relativo dolore. Parto col dire che, correre sul dolore è sempre sbagliato, ma c’è anche da considerare che la soglia del dolore non la avvertiamo tutti allo stesso modo in più, ci sono le motivazioni personali che ci spingono a proseguire, e comunque in certe situazioni ci si deve trovare, proprio come è successo a me. Corro da oltre 28 anni, non ho mai avuto un infortunio e questa volta non me lo sono procurato da solo, ma da una spinta a circa 500 metri dall’inizio della gara, sul ponte Giovanni da Verrazzano. Appena preso il colpo al metatarso, ho sentito una scossa nel cervello e ho capito subito mi si fosse rotto qualcosa. Il pensiero mi ha fatto capire che la corsa era compromessa e nel momento in cui stavo decidendo il da farsi, un ragazzo spagnolo (Marcos) giungendo da dietro, avendo assistito alla scena, mi ha chiesto se stavo bene, ovviamente ho risposto di no. Tra corridori ci si aiuta e lui giustamente ha pensato di dirmi di continuare piano, perché riscaldandomi il dolore sarebbe passato. Qui subentra l’aspetto psicologico. Mi sono auto convinto di questo e non so se dire grazie o meno, ma è stato uno dei pensieri che mi ha fatto pensare al contesto della gara, dove mi trovo? Quanti mesi e tempo di preparazione? Le mie motivazioni? La sfida e voglia di farcela? Non nascondo il pensiero, riflettendo anche su quanti mi seguivano a cosa avrebbero pensato a un mio ritiro e stop. Fatto sta che ho deciso di proseguire senza valutare più di tanto la situzione e farmi domande, ho pensato a quel mio slogan: “le cose vanno come devono andare”. Vi ho già narrato questa corsa in un altro racconto, fatto sta che alla fine di quei 42 chilometri e 195 metri ci sono arrivato e neppure tanto male, per gli amanti del crono 3h07′, con tutte le difficoltà del caso. Mi è stato chiesto se in una gara italiana mi fossi fermato e la mia risposta è stata, sì al 99% . Il mio credo sia un caso al limite del sopportabile. A me è andata comunque bene, anche perché mentre correvo non avevo ancora idea di cosa mi fossi fatto in realtà. Una volta fatte le radiografie è stata riscontrata una frattura del quinto metatarso guaribile in trenta giorni circa. Certo non ne sono felice ma, nella vita sono abituato a rischiare, se non poni obiettivi da raggiungere, pur se nel contesto si pongono delle difficoltà come questa e cerchi di superare il tutto cercando delle soluzioni, per quanto improbabili siano, sarebbe tutto molto semplice e banale, siccome la vita non è mai banale, preferisco rischiare il tutto per tutto e portare al termine il lavoro, costi quel che COSTI è una questione di spirito, testa e carattere. Ad oggi non ho rammarico. Gara terminata, stop. E non penso neppure a se fossi stato bene come sarebbe andata, quello è un altro film che non vedrò mai. Lo lascio a chi ha il coraggio di giudicare la vita è le esperienze altrui.
