La maratona di Berlino

A Berlino il cielo è rosso blu.

La maratona dei record personali. Tutti vogliono fare questa maratona, perché si dice sia “piatta”. In gergo tecnico non dovrebbe presentare particolari difficoltà come le tanto temute salite o i continui cambi di direzione.

A Berlino imparerete che maratone piatte non ne esistono. Qualche piccolo ponte da attraversare lo troverete e pur non essendo difficoltoso, garantisco che alla lunga incide sulle gambe e forse anche sulla prestazione. Arrivo a Berlino il venerdì pomeriggio e mi precipito all’expo che è situato presso l’aeroporto Templehof, in Patz der Luftbrucke. A essere sincero non mi aspettavo tutto questo kaos e per il ritiro ci vuole molto più del previsto, credo abbiano fatto male quelli dell’organizzazione a impostare così la consegna.

Cena veloce e si va a fare un giro per la città che è davvero straordinariamente bellissima (non trovo altre parole per descriverla). Sabato mattina una corsetta per sgranchire le gambe, c’è nebbia e non si vede un palmo di naso. Passa un’oretta e spunta un tiepido sole.

Passo tutta la giornata a visitare i luoghi simbolo che questa città racconta con una storia davvero incredibile che un pochino tutti conosciamo e che ci viene tramandata da libri di storia e racconti, impossibile non emozionarsi (Porta di Brandeburgo, Checkpoint Charlie, Skyscanner, Alexanderplatz, Sprea).

La sera di sabato dopo un buon piatto di pasta nella catena di ristoranti “Vapiano” si va direttamente in Hotel. Al mattino mi sveglio presto.

Colazione, toilette e si esce. La mattinata non è eccessivamente fredda, c’è il sole e un timido vento in crescendo. Dopo aver preso la metro con i tanti runners diretti alla partenza nel breve tragitto cerco un po’ di relax, che ovviamente non trovo per il trambusto e l’eccitazione di essere ancora una volta protagonista ad una competizione internazionale.

Dopo essermi cambiato ai piedi del “Reichstag Building” la sede del parlamento tedesco, mi avvio verso la start-line situata tra la Porta di Brandenburgo e la Colonna della Vittoria. Mentre faccio il percorso noto moltissimi runners che per fare i propri bisogni utilizzano una parte del parco Großer Tiergarten, la cosa non mi stupisce perché essendo abituato alla maratona di NYC avevo capito che seppur i bagni chimici erano tanti, non sarebbero stati sufficienti a far espletare le nostre necessità e la cosa non mi è per niente piaciuta, come non mi è piaciuto il fatto che prima della partenza non potevi avere neppure un bicchiere d’acqua per rinfrescare la bocca già secca per l’emozione della partenza che sarebbe avvenuta da li a poco. Mi metto nella mia gabbia a pochi metri dalla linea di partenza, sono fortunato su questo.

Lo sparo e l’adrenalina sale, partiti. Siamo poco più di quarantacinquemila atleti, resta sempre un grande brivido, un fiume in piena che scalpita, urla, ma soprattutto sorride col cuore pieno di speranza e gioie, i dolori verranno dopo (forse). Mi svincolo subito e inizio la mia BMW Berlin Marathon del 29 settembre 2013. Al terzo chilometro riconosco una maglia “amica” c’è scritto:”Valle dei Templi-Agrigento”. Così conosco Calogero, che in poco più di 10 km riesce a raccontarmi la sua disavventura e odissea per arrivare nelle capitale tedesca, compresa la perdita del caro zio scomparso improvvisamente. Lui è di poco più veloce e intorno al 21 km lo lascio andare facendogli un grosso in bocca al lupo per il tempo che vuole fare in questa maratona che in realtà non è lontano dal mio, ma per me è un ritmo eccessivo e lo lascio andare felice di farlo.

Intanto senza accorgermene mi ritrovo al 30 Km, mi guardo intorno, architettonicamente Berlino è una meraviglia. Riesco a rimanere sempre in vari gruppi, sto bene, il vento che ogni tanto si fa sentire non è un grosso problema, anzi mi asciuga i sudore e riesco a sentire la sua salinità in bocca.

Ci avviciniamo al muro della crisi energetica che mi sfiora, mi accarezza ma non riesce ad abbattermi. So che sto correndo forte e sono quasi al personale. Facendo due conti (seppur la mente fa fatica a fare 1+1) in 2h50’ sarò sotto la porta di Brandeburgo, non finisco di pensarlo che al ristoro acqua mi scontro con uno che si blocca di colpo e lo tampono in pieno.

Lui è un gigante, mi calpesta il piede destro. Lancio un urlo e non riesco a prendere i liquidi del ristoro. Mi faccio male, ma a caldo non ci penso, l’unica cosa che ho nella testa è, di battere il mio stesso PB. Riesco a fare un chilometro e inizia a bruciare la parte colpita. Stringo i denti e mi sforzo di pensare al traguardo, non devo mollare, non devo mollare, voglio quel c***o di PB (Personal Best). Il centro è super affollato e il tifo si fa sentire parecchio.

Arrivo alla porta di Brandeburgo e guardandola verso l’alto, mando un bacio con la mano destra e faccio il segno della croce. Scatta un boato di applausi, non so se erano per me, ma mi piace pensare di sì. Vedo il traguardo da 600 metri. Ho ancora energie, mi emoziono e cerco di controllarmi perché spesso capita che l’adrenalina scarica sui muscoli del polpaccio e poi ho i crampi e stavolta non voglio sorprese, anche se il piede continua a bruciare e a far male. Corro, corro e aumento sempre di più su quel rettilineo fantastico. Allargo le braccia e attraverso la linea del traguardo.

Guardo il tempo e sono felice, 2h53’21” pochi minuti sopra quello che avevo stimato minuti prima, ma è sempre personale in maratona.

Foto di rito, ritiro medaglia e qui veniamo ad alcune cose non piaciute, intanto niente coperta termica, ma solo un telo di plastica giallo che col sudore si è appiccicato al corpo.

Mi dirigo al ristoro, dove ho trovato davvero poco e niente, se non banane e arance, l’unica nota positiva erano i TIR della birra “Erdinger” che veniva data gratis, ovviamente mi sono accontentato di berne due immediatamente, terminando così la mia esperienza in terra tedesca.

Ora tocca a voi.