La maratona di Valencia

Se volete provare le sensazioni e l’entusiasmo di una maratona come quella di New York spendendo poco e restando in Europa, Valencia fa al caso vostro.
La decisione di voler correre a Valencia è stata dettata dal fatto di non voler andare troppo lontano e rimanere nella cara vecchia Europa, ma soprattutto di fare una maratona non troppo sputtanata (mi passi il termine). Per questo impegno siamo arrivati nella city addirittura mercoledì, con la scusa di visitare la città e fare qualche giorno di vacanza, che poi in realtà i giorni si sono trasformati in una settimana abbondante. Valencia è bella. La birra è buona. La paella valenciana uno spettacolo. E con questo ho detto tutto per riassumere brevemente la permanenza in terra di Spagna.

Durante la settimana che precede la gara, abbiamo avuto il tempo di allenarci in questo luogo che è decisamente il paradiso in terra per noi corridori.

Questa corsa è davvero spettacolare, sia per il percorso, che io ho giudicato addirittura migliore di Berlino, sia per i costi che sono molto ridotti rispetto ad altre maratone europee.

L’organizzazione è davvero perfetta. Il percorso ha lo START a pochi metri della linea del traguardo, che è situato alla Città delle Arti e delle Scienze progettata dagli architetti Santiago Calatrava e Félix Candela, solo questo basta per dirvi che vale davvero la pena vivere questo gioiellino di sport.

La mattina della gara ci ha pensato il forte vento a darmi il buon giorno. Avevo notato nei giorni precedenti che spesso qui il vento si alza a tarda sera e dura fino alla metà del mattino dopo. Mi resta la speranza che sia così anche oggi.

Dopo la colazione fatta in camera e aver eseguito tutti i sacri riti che precedono un tale evento, scendiamo nella Hall dell’albergo scelto come sempre strategicamente nella zona di partenza e arrivo (Hotel Beatriz Rey Don Jaime).

Incontriamo tantissimi runners pronti a scatenare l’inferno. C’è il tempo di fare qualche foto con gli spagnoli appena conosciuti. Poi ci dirigiamo tutti nella zona deposito borse e partenza.

Nella folla incontro i miei amici di S. Giovanni in Fiori, fra cui il mio allenatore Giambattista Audia, scambiamo due parole sul percorso e ci avviamo tutti nella nostra gabbia.

Per coincidenza o fortuna siamo tutti schierati nella stessa, così approfittiamo per scaricare la tensione scherzando e ridendo. Passano pochi minuti e inizia il conto alla rovescia. Lo sparo. La partenza è rapidissima perché stare davanti significa avere anche un grado di responsabilità nei confronti di chi ti sta dietro e se non vuoi essere travolto, meglio darsi da fare. Pochi metri e ci perdiamo di vista. Non vedo più Paolo, Alfredo e Battista.

La mia maratona di Valencia è appena iniziata e dopo soli pochi chilometri, oltre a lamentarmi per il vento contrario, inizio ad avvertire un fastidio alla tibia, così partono le maledizioni e imprecazioni perché se è vero che ho appena iniziato a correre, mi domando come farò a finire.

Al 10 chilometro un ragazzo mi supera e mi chiama per cognome, che è scritto sul retro della mia canotta da gara. Facciamo amicizia. Si chiama Dario e lo vedo bello spedito, forse anche troppo, mi dice il tempo che vuole fare e che è alla sua seconda maratona. Stiamo insieme fino al 21 km, poi lo perdo di vista e lo riaggancio al 27 km con visibili difficoltà motorie, credo abbia speso troppo in termini di energia, l’esperienza conta molto. Sembra tutto facile fino al 21 km, ma ricordo che la vera maratona inizia dal 30 km in poi. La gara scorre bene e velocemente. Il fastidio sembra anche passato e mi godo lo spettacolo architettonico che Valencia offre. Piccola occhiata al crono. Il vento è pure diminuito. Mi pare ci siano i presupposti per fare un buon tempo di chiusura. Questo viaggio di 42 km riserva mille sorprese e sto per averne una.

Quando pare andare tutto per il verso giusto, lì, lì ti devi preoccupare e stare in campana. Consapevole di soffrire di crampi, decido al 33 km di prendere una bustina di magnesio e anticipare o scongiurare l’ipotetico stop. Al mattino presto appena sveglio mi sono fidato solo della confezione che vagamente somiglia a tante altre e l’ho infilata senza leggere l’etichetta direttamente nel taschino del pantaloncino pensando che sarebbe certamente servita. La deglutisco e come la ingurgito capisco che, tutto è, tranne magnesio. La bocca è piena di crema al mentolo e brucia. Ha un sapore indescrivibile. Capisco solo adesso che è una crema gel per fare i massaggi alle gambe. Un prodotto omaggio di qualche maratona precedente. Vado nel panico. Sono mille i pensieri che affollano velocemente la mia testa e penso:”adesso vomiterò. Gara finita. Ma soprattutto, che c******e sono???” .
Mi supera un ragazzo spagnolo al grido di: “Vamos vamos, rapido rapido”. So di dover reagire e correre ai ripari per tamponare l’emergenza.
Gli chiedo in uno spagnolo improvvisato se può darmi la bottiglietta d’acqua che si porta nella mano destra, mentre lui mi guarda stupito perché dalla mia bocca fuoriesce la sostanza bianca e non oso pensare cosa gli sia passato per la testa, avrà pensato: “sto drogato che vuole?”.
E’ gentile per fortuna e mi lascia tutta la bottiglietta, come a dire: “buena suerte”.
Bevo e sputo, bevo e sputo, finché posso. Ho difficoltà enormi ad andare avanti, per via della difficile respirazione e perché la testa continua a dirmi che sono un imbecille conclamato.

Non so come, ma continuo a correre, anche se non più come prima. Guardo il cartello del 36 km e sono nel pieno centro di Valencia. Il pubblico è da spettacolo, sembra una piccola New York o comunque le sensazioni che provo sono quelle. Prendo coraggio.

Inizio ad allungare il passo, non perché abbia energie, ma perché ho rabbia dentro. Gli ultimi chilometri sono un vero tripudio di folla, forse anche troppo vicina agli atleti, tanto da toccarti e spingerti con una mano messa alla schiena per darti un aiutino. Da lontano riconosco la Città delle Arti e delle Scienze, capisco che è quasi fatta. Manca solo 1 km.

Una piccola occhiata al cronometro. Decido di divertirmi con il pubblico e sono io a incitare loro. Perdo tempo, secondi, ma chi se ne importa, ormai è fatta.

Mi ritrovo sulla piscina galleggiante che è uno spettacolo per gli occhi e per l’animo.

Faccio gli ultimi metri mandando baci alle ali di folla che è li per godersi lo spettacolo e incitare gli atleti.

Attraverso la finish-line e il primo pensiero nella mia testa è: “come cavolo avrò fatto ad arrivare fin qui dopo quanto accaduto?”.
I misteri della maratona sono infiniti. Chiudo i 42 km 195 in un tempo di tutto rispetto, 2h54’13”.

Tempo che poteva essere certamente migliore, ma credo sia già tanto se sono arrivato alla fine. Presa la medaglia, faccio un giro e mi distendo sull’erba per circa un ora, guardando gli altri corridori giungere al traguardo, mentre penso di essere fortunato a fare questo sport e godere di tanta bellezza.

Felicissimo di aver partecipato a questa maratona, la consiglio vivamente a tutti.

Non ve ne pentirete, parola mia.