“Se pensate che l’esperienza della morte sia la più autentica perché non potete farla da vivi, be’, vi sbagliate: io adesso un po’ so che cosa significa morire… ”
Mauro Covacich tratto da «Panorama»
È mattina presto, sono le 3.00AM, guardo bene l’ora e in realtà sono le 2.00AM, abbiamo dimenticato che a NEW YORK l’ora solare viene cambiata nella notte della fatidica maratona. Ormai sono sveglio e inizio a vagare per la stanza, controllo che tutto sia a posto: calzini, scarpe, slip tecnico, pantaloncino, canotta, parabraccia, guanti, pettorale (6599), orologio, carboge, pare ci sia tutto. Guardo fuori dal finestrone della mia stanza al 38° piano dello Sheraton New York Hotel & Towers sulla 7th Ave e la 53rd, non mi sembra ci sia vento. Il display di un grattacielo vicino segna 2°. Sarà una mattinata fredda, quindi meglio coprirsi bene, anche perché ho un po’ di febbre. Ora un’occhiata a tutta la roba che dovrà coprirmi fino a pochi minuti prima della partenza,per poi lasciarla in degli appositi contenitori,verrà in seguito regalata ai bisognosi della grande mela. Ok, è il momento di iniziare a mangiare. Intanto si sveglia il mio compagno di stanza Davide, io dopo la crudele esperienza della sera prima con la cena (altro che carboidrati, meglio non parlarne), ho davvero fame. Fortuna che il caro amico Francesco, conosciuto all’arrivo in aeroporto, mi ha regalato un po’ di fette biscottate con due confezioni di miele. Le mangio tutte voracemente, poi due banane, il Tè italiano trovato in un supermercato e la busta di frutta secca che era nella sacca del pacco-gara, mi chiedo se tutto questo mi basterà a farmi affrontare i 42 km del impegnativo percorso. Il tempo passa e mi vesto. La sensazione è quella di aver dimenticato qualcosa. In realtà è la tensione che diventa palpabile, tra pochi minuti dovrò uscire ed è meglio non lasciare nulla al caso e assicurarsi che non abbia davvero scordato nulla.
Ore 05.15, lascio la stanza e mi dirigo giù, nei corridoi inizio a vedere la gente che si incammina sbadigliando, stiracchiandosi, si legge in viso quel sorriso di felicità che da lì a poco si trasformerà in realtà, dopo giorni, mesi e, per alcuni, anni di sogni a occhi aperti per l’evento a cui tutti i runners del mondo farebbero carte false per partecipare, la regina delle maratone, la 42° ING MARATHON NEW YORK 2011. Mentre sto per salire In autobus, perdo di vista Davide e vicino a me siede un ragazzo (Luca) di Milano, mi racconta di quanto sia ansioso, essendo alla sua prima maratona, vuole chiuderla entro le quattro ore. Mi chiede a quanto voglio chiuderla io, gli rispondo e rimane un po’ sbalordito, e dice: “Però!!!”.
L’autobus arriva ai terminal dei Ferry Boat. Prima di scendere, su un sedile trovo un quarto di dollaro, lo raccolgo, decido che quello sarà il mio portafortuna e lo infilo nel taschino interno del pantaloncino (per un attimo penso: ”Ma sarò più pesante???…Scemino!!!” … In quei momenti non sottovaluti nulla!).
Scendo, fuori fa freddo e corro subito all’imbarco. Approfitto così per fare la prima di una lunga serie di pipì. Nella folla non so come, ritrovo (Davide) mio compagno di stanza. Nel traghetto ci sediamo vicini e osserviamo la splendida alba che illumina Manhattan , finalmente-un-po-’di-relax. Molti dormono, o meglio, riposano il più possibile. Quindici minuti circa e ci ritroviamo a State Island, sbarcati, ci aspetta già gente con cartelli che inneggiano ai runners accorsi da tutto il globo terraqueo. Se poco fa eravamo centinaia, ora siamo centinaia di migliaia. Qui vedo un po’ della vera New York, sporca e trasandata, un po’ come in alcuni film. Dieci minuti di autobus ( nel contempo mangio una banana ) e siamo a Fort Wadsworth e al famigerato ponte Giovanni da Verrazzano. Scendiamo, incredibile!!! A camminare siamo milioni, tanti, davvero tanti, quasi subito ci preoccupiamo ancora di fare pipì ai tanti bagni chimici presenti. Arrivo al villaggio verde e poco prima saluto Davide, che è a quello arancione, scattiamo qualche foto ricordo con la macchina fotografica che si è portato dietro, perché non ha ambizioni cronometriche e vuole fare la sua corsa divertendosi a immortalare le immagini di questa, che i Newyorkesi considerano non solo una “corsa” ma una festa. Ci scambiamo un “Good luck!” a vicenda, ci abbracciamo e le nostre strade si dividono. Il mio pensiero va a Francesco che non ho neppure rivisto e penso: ”So-che-farà-bene…”.
Entro nel mio villaggio e sono solo, solo, solo nel senso senza amico-spalla con cui condividere questi momenti che certo so resteranno nella mia mente per sempre. Stringo le spalle e mi dico: ”Registrerò-ogni-momento,sensazione-nella-mia-testolina.”.
Ore 8.00AM, inizio a girovagare, prendo tè, ciambelle, acqua, Gatorade. Ancora pipì, mi guardo intorno, il sole inizia ad alzarsi, è una gran bella giornata! Sole, cielo limpido ma ancora freddo.
Mi cambio e lascio già qualcosa negli appositi contenitori. Mentre faccio un giro, al di fuori della rete metallica intravedo colui che da lì a due ore circa vincerà la 42°maratona di N.Y. con 02h05’05’’: Geoffrey Mutai, mi avvicino e lo saluto gridandogli “GOOD LUCKKKK! ”…
Allunga una mano indicandomi con l’indice e annuendo, come a dire: ”Anche a te”…
Una voce dall’altoparlante in varie lingue preannuncia come comportarsi,dove andare,tempi di apertura cancelli etc…etc…
Per passare un po’ il tempo,visto che non si può fare riscaldamento (provate a immaginate 47.500 persone che corricchiano in un fazzoletto di terra), mi incanto a guardare lo sky-line di New York e tra me e me mi ripeto: ”fantastica”.
È il fatidico momento: ore 8.45, apertura cancelli. Vado a lasciare la borsa trasparente al camioncino dell’UPS, con tutto ciò che mi servirà all’arrivo, roba calda e pulita. Avrò davvero messo tutto il necessario??? Vengo assalito da dubbi ,ma ormai è tardi, quel che è fatto è fatto. L’unico rammarico, forse è, non aver messo dentro la fotocamera digitale per fare qualche foto alla fine, pazienza.
Mi avvio al mio corral (cancello) n.6, entro, c’è già gente. Ancora una sosta al bagno chimico ,dopo ore di attesa, iniziano a non essere tanto puliti e se fossi una donna,non mi azzarderei neppure a toccare una maniglia di questi bagni,ma in questi casi non credo se ne possa fare a meno. Nell’attesa,vicino a me,vedo una ragazza a maniche corte che trema come una foglia. Ho la coperta verde dell’Alitalia portata dall’aereo,sapevo sarebbe servita,dalle mie spalle la tolgo e la cedo volentieri a lei,con la speranza di non pentirmene,ma credo sia un gesto nobile che valga la pena fare. Lei mi sorride ,giunge le mani in preghiera mi guarda negli occhi e con un cenno della testa mi ringrazia. Ora ho freddo IO e cerco di non pensarci.
Passano 15 minuti e vengono aperti tutti i cancelli della Wave 1 (prima partenza). Alcuni corrono già sul ponte, ma io vado piano, non c’è fretta ora. Trovo posto tra migliaia di persone, tira un vento freddo alle spalle, fortuna che ho lasciato il cappello di lana e una maglia addosso e con le maniche ho avvolto la gola. Un po’ di musica rock, la gente fa un urlo liberatorio, non ci si conosce, eppure quando gli sguardi si incrociano, ci si sorride l’un l’altro annuendo.
Parla il sindaco di New York, l’atmosfera si surriscalda, ci siamo quasi. Parte l’inno americano, è silenzio assoluto, anche i tanti elicotteri della Tv e del NYPD in questo momento si allontanano. Alla fine applauso e parte la musica dell’indimenticabile “NEWYORK NEW YORK” mentre ti rilassi a suon di: “pa pa paraba, pa pa paraba” pensando che l’ascolterai tutta, vieni investito da un’onda d’urto, un forte rumore che ti scuote, BooOOOmmmMMM !!!
Cos’è?! Impossibile?! Si parte, ed è un brivido. Lancio la maglia che mi copre le spalle e via, è partita la mia avventura.
Un urlo unisono dei primi 15.000 runners,tra questi mi dico,stavolta ci sono anch’iooooo. Dopo di noi, un altro boato di gente: sono gli altri 32.500 che aspettano giù dal ponte e dovranno correre con la Wave2 e 3 a distanza di 20 minuti ciascuna. Deve essere stato emozionante per loro vedere noi che partiamo a razzo.
Sono sul ponte Giovanni da Verrazzano e sto correndo verso la meta. Mi faccio largo zigzagando, ma è difficile perché tutti pensiamo la stessa cosa, cioè trovare uno spazio in cui correre. Riesco a svincolarmi e trovare un varco, al 2° Km, a metà del ponte, lo sento vibrare, ho un attimo di paura che subito passa pensando che siamo tantissimi ad attraversarlo battendo i piedi freneticamente!
Alla fine del ponte sono a Brooklyn, vado troppo forte, troppo!!! Penso: ”Antò riduci la velocità se vuoi arrivare alla fine”. È impossibile, inizio già a sentire l’incitamento della gente per la strada. Passo ai 5km, guardo l’ora e i tempi. Cavolo, troppo forte 20’46’’, Battista seguendomi dall’Italia me ne starà mandando di brutte. Corro, corro, vado. Quanti pensieri. Il primo Italiano che supero ha la scritta sulla maglia”SIC 58″, lo passo, gli do una pacca sulla spalla e gli dico: “Complimenti!!!” –Lui mi dice: “GRAZIEEE!!!”. Il mio pensiero va a MARCO che poche settimane fa ci ha lasciati per uno strano scherzo del DESTINO. Passo, l’uomo Ragno, Superman e Flash ,quest’ultimo mi fa sentire più forte e coraggioso ,tanti, sono davvero tanti i personaggi di questa corsa che è appena iniziata e già mi coinvolge al mille per mille.
Ad un certo punto sento una voce da dietro che mi dice: ”Tu sei il crotonese????”. Mi si avvicina un ragazzo della mia età e mi dice che ha letto “Crotone” dietro alla mia maglia e che sta per aprire un’azienda a Crotone e gli hanno parlato di me. Gli dico: “Piacere”, mi dice di chiamarsi Federico e mi promette che quando verrà a Crotone mi cercherà, non tiene il mio passo e io mi allungo, il tempo di sentirmi dire: ”Vai forte!!!”, alzo una mano in segno di vittoria per salutarlo.
Senza grossi problemi da Brooklyn passo nel Queens, qui gli spettatori iniziano a essere davvero tanti per strada, i bambini allungano la mano per darti il cinque e le caramelle, gentili e teneri, cerco di non rifiutare nulla a nessuno, ma mi accorgo di deconcentrarmi e sprecare energie, meglio in seguito evitare e concentrarsi più sull’azione di corsa. Sono qui per fare “tempo” e decido di diventare un po’ egoista. Guardo avanti e faccio girare le gambe. Mi guardo attorno e vedo il fiume di gente correre, ogni uno con la sua storia e voglia di riscatto, come la ragazza che supero ,alta,bionda e con un fisico mozza-fiato, la guardo ed è bellissima. Due persone la affiancano e seguono hanno una pettorina gialla con la scritta ”assistent”. La ragazza, ha una delle due gambe con la protesi come Oscar Pistoius e fa davvero fatica a correre ,come lei tanti altri hanno catturato la mia attenzione , gente con le stampelle, senza gli arti inferiori sulle carrozzine etc…etc… Mi chiedo dove trovano la forza di affrontare uno sforzo del genere e che io sono davvero fortunato, mentre loro , in realtà sono i veri eroi di questa corsa . Scuoto la testa, mi emoziono e cerco di andare avanti, i pensieri in corsa devono essere positivi e qui si rischia di brutto.
Lungo la strada ci sono tante band,gruppi e solisti che suonano alla meglio(rock,blues,pop,reggae) e chi più ne ha,ne metta… per darci la carica e distogliere la mente dalla fatica (che al momento non sento).
Al 18 chilometro avverto un senso strano, debolezza??? Non so, ad ogni modo anche se con anticipo, prendo un carbogel infilato nei guanti, due assaggi e butto getto via il resto. Al rifornimento bevo acqua e mi sento meglio, intanto il pubblico urla “Gooo Antonio! Ciao Italia! C’m on Antonio! ” Si vola, inutile dirlo…
Durante il tragitto non salto un solo rifornimento,farlo potrebbe dire, “Fine della corsa” . Una cosa che ti porti a casa come ricordo sono le scarpe da tennis appiccicaticce,questo per il fatto che ogni 5Km c’è il rifornimento e sono milioni i bicchieri di Gatorade buttati per terra. Anche se i volontari provano a ripulire la strada è inevitabile metterci un piede sopra e anche se ci riesci, certo non eviti quelle lanciate in corsa da chi ti precede. Credo che alla fine della maratona potrei provare a scalare un palazzo come fa “Spider-man,Spider-man…”-
Ad un certo punto, siamo al 24° km, giro un angolo dopo ali di folla e mi trovo davanti al Qeensborough Bridge, di cui tanto avevo sentito parlare, ora finalmente è davanti a me! Capisci da subito che hai bisogno di concentrazione. E’ ripido, c’è un vento freddo che ti taglia in maniera trasversale e qui sei “solo” in canotta e pantaloncino, senza l’aiuto del pubblico, con il rumore dei tuoi passi e quello di quanti cominciano ad “arrancare”. Io lo affronto a sinistra e i miei piedi vanno da soli, tanto da non sentire una particolare difficoltà. Sono sempre in corsia di sorpasso e mi sento davvero “forte”. Riesco ad arrivare in cima e finalmente mi libero dalle paure e dai timori che mi accompagnavano. Affronto la discesa del ponte, insieme a un pompiere del FDNY, mi sorride e ricambio. Mentre arriviamo alla fine della discesa sento un boato, non capisco subito, ma inizio a vedere qualcosa e mi scappa un “OH-MY-GOD”, lui mi guarda e mi dice:” Gooooo Italia”! Se pensavo di aver visto tanta gente fino a poco prima, beh, ora capisco che sbagliavo. Entro nella famosa 1th Avenue e qui è il delirio. La gente urla così tanto che i brividi sono così forti da far quasi male. E’ un momento indimenticabile e mi lascio andare, allargo la mano destra e la do a tutti mentre continuo a correre, anche se forse è meglio dire ”VOLARE” in tutti i sensi. La gente mi acclama di più, gridando: “ITALIA-ITALIA-ITALIA, ANTONIO, ANTONIO!”.
Sembra di stare ad una finale dei campionati del mondo, solo che in mezzo allo stadio invece di esserci 22 giocatori, ci sei SOLO TU!!!
Vado così forte che supero tanta di quella gente da non averne idea. Ero stato avvisato da Battista che quello è il tratto che percorri più velocemente perché il pubblico ti spinge all’ inverosimile. Dopo non so quanti chilometri mi accorgo anche che ero stato avvisato che la 1th Ave è lunga e sembra non finire mai. Inizio ad averne le prove. Vedo in prospettiva i grattacieli sfiorare il cielo e in lontananza attaccarsi l’un l’altro. Il pubblico ora è meno numeroso e diventa un po’ più difficile correre. Inizio ad avere pensieri non del tutto positivi e capisco che in agguato ci può essere una crisi, non tanto fisica ma mentale e quindi il momento di pensare ad altro, così inizio a cantare tutto quello che mi piace.. Vedo il cartello del 30km e credo sia giusto tirare due somme, controllo l’orologio, ci sono con i tempi e faccio una proiezione del tempo finale, mi dico “Bene!!!”. Devo ingannare il tempo e mi dico che mancano ancora 12km e rotti metri all’arrivo, “Sono tanti, penso”!!!
Quindi decido di pensarla in miglia e non in km, così riuscirò ad ingannare la mente??? Si dai, sette come numero suona meglio di dodici, mi mancano solo sette miglia. Mi ritrovo alla salite dell’ennesimo ponte in questo caso è il Willis ave. Bridge. Finalmente sono nel BRONX e la lunga 1th Ave è finita, penso che ora mi guarderò un po’ il paesaggio, non faccio in tempo a finire il pensiero che sento una fitta al polpaccio sinistro.
“OOOOH NOOO!!! SONO CRAMPI”. Sobbalzo e lancio un urletto, mi concentro e dico: “Calma, calma, calma. Che faccio??? Che faccio??? Fa male, ma male male, mi fermo? NOOO!”. Vado un attimo nel panico e penso: “Maledetta salita del ponte”. Vado avanti. Fatico parecchio e mi dico che devo ridurre la velocità. Finalmente pare il dolore sia un po’ passato, ma è come se sentissi la bocca di un cane pronta a mordermi nel caso facessi un passo falso. Il pensiero è fisso e riesco a distogliere la mente da tutto questo solo grazie alla musica che incontro nel breve passaggio che si fa nel BRONX. Qui è il momento di tirar fuori un’altra bustina di carbongel e decido per la più grande che mi porto stretta nello slip sul fianco destro, un piccolo fastidio del quale mi libero felicemente. Ora sono ad Harlem, riesco a cogliere colori, odori e sensazioni di tranquillità. I cori gospel che accompagnano questo tratto mi aiutano ad affrontare l’emergenza.
Altro ponte, Madison ave. Bridge, ora so di essere vicino alla famosissima Fifth Ave la via dello shopping che dovrò percorrere tutta. Affronto una curva e mi trovo davanti ancora un mare di gente che urla, suona campane, barattoli, non so cosa di preciso ma è chiassosa quasi da infastidire. Prendo forza e coraggio, vedo un po’ di verde e il cartello 35°km ma non sono ancora a Central Park, sto attraversando il Marcus Garvey Memorial Park, breve e intenso con i colori che l’autunno regala a questa magnifica città. Ora lo vedo, questo sì è Central Park. Sento odore di arrivo, ma solo odore, perché è ancora lunga e si fa ancora più difficile con la strada tutta in salita, tanto da vedere il fiume di runners che mi precede fino in fondo alla strada. Cerco di spingere ma il piede mi dà problemi. So di perdere secondi ma anche di rientrare in quello che mi ero prefissato di fare come tempo di chiusura. Mentre corro vedo i segni di cedimento di tanti, ma tanti runner che hanno avuto la peggio. Sono completamente fermi, chi ha i crampi, chi si distende, chi cerca aiuto con lo sguardo, chi ti invidia perché tu ancora riesci a correre. Manca poco, davvero poco e capisco la loro disperazione, ma devo pensare a ME. Forte di questo mi dico: ”Stai ancora sulle gambe, che vuoi di più? Guarda avanti e arriva al traguardo perché è quasi fatta”. Per ingannare ancora la testolina dalle difficoltà, penso a Giuseppe e alle cose che mi diceva in allenamento mentre mi seguiva in bici: ”Non ti arrendere mai, pensa ai sacrifici fatti per arrivare fin dove sei. Le alzatacce mattutine d’estate, le rinunce, la fatica e soprattutto ricordati che ti chiami CARVELLI ANTONIO”.
Chissà come va il campionato di calcio, il Crotone ha giocato ieri e ho dimenticato di vedere che ha combinato. Il Milan avrà vinto? In Italia mi staranno seguendo? I miei amici Davide, Fabrizio, Eucherio? E tutti quelli che corrono con me:Michele, Vito, Francesco, Antonio, Adriano ,Raffaele e Scipione che l’ha già fatta questa maratona nel 1996? I miei compagni di squadra della K42 Paolo, Salvatore, Maurizio, Giovanni, Luca a? Carmela ,Marinella e Mena? Angela sarà arrivata a Milano? Angela conosciuta in aereo si sarà sistemata bene Washington??? Mamma Eliana e Davide? I miei colleghi, farò una buona figura? Battista mi starà gridando: “ Daiiiii ci sei quasi..”. Si ci sono quasi mi dico, entro in Central Park qui è ancora più dura per i sali-scendi e perché si arriva già provati dalla stanchezza. Il pubblico ancora incita, loro non si fermano mai…
Quarantesimo chilometro. Oh-mamma-non-me-ne-sono-accorto. Ci sono quasi. Come lo penso, l’adrenalina scarica sui muscoli e ancora giù crampi, al punto che ormai corro solo con il piede destro. E’ faticoso ma la gente, la gente è incredibile… A questo punto perdo lucidità mentale e non riesco più a capire dove mi trovo e perché mi trovo lì. Riesco a seguire le transenne e il pubblico che continua ad aiutarti tifando disperatamente per Te. A loro non importa se sei primo o ultimo ,a loro importa che non ti arrendi e tagli quel . Goooo, Italia, Go Antonio!. Ad un certo punto sento da dietro una voce che mi urla “FORZAAA CROTONE, VAI ANTONIOOOO”
Mi emoziono così tanto da entrare in una sorta di trance e credo di non sentire più dolore. Tutti quelli che ti incitano sembra ti conoscano e quella voce deve essere per forza di qualcuno che conosco e che mi conosce. Forse la voce di Stefania, la mia collega qui per vacanza o qualcuno del mio albergo, a ogni modo mi sembra familiare, ma è difficile distinguere bene in questa bolgia.
Finalmente riconosco il Columbus Circle e leggo il cartello 800mt. Non ci posso credere, sto per finire. Mi viene da piangere e mi trattengo, mi dico: ”Passa prima il traguardo. Prima il dovere poi il piacere”. Avevo fatto gli allenamenti ogni giorno lì da quando ero arrivato a NEW YORK e mi era familiare ormai quel tratto di strada che mi separava dalla mia meta. La gente continua ad incitarmi e sento uno che mi dice: ”Vaiii ANTONIO, ce l’hai fatta, sei quasi arrivato”. Ho il cuore in gola, registro tutto mentalmente, mi accorgo anche che ho ricominciato a correre quasi perfettamente. Altro cartello, 400mt…
L’arrivo si vede solo dopo questa curva ed è in salita per concludere in bellezza, ma ormai, ormai non importa. Curva e, lo vedo, lo vedo “THE ING MARATHON NEW YORK” di colore arancione e blu.
È bellissimo. L’ho desiderato tanto e ora è davanti a me e sto per passarlo. Punto la mano destra e indico con l’indice le telecamere e i fotografi. Con la sinistra mi batto il petto ad indicare il nome “ANTONIO”. Lo sponsor “LORENTI ELIGIO”. La nazione “ITALIA”. Faccio gli ultimi 200 metri così, riducendo anche la corsa per godermi il tripudio e il momento che sto vivendo. Un’occhiata al display ufficiale. Ci passo sotto e vedo 02h57’03’
Ho-fatto-la-mia-MARATONA DI NEW YORK. Passato quel traguardo sento emozioni fortissime, contrastanti, come prima gioia, felicità, forza, dedizione, certezza. Sento ME VIVO. Ci sono, sono qui. E’ meraviglioso. E’ certezza di aver realizzato un sogno che era dentro di me ancor prima di nascere. Chi starà leggendo ora penserà ad un’esagerazione, ma sono certo che se tu che leggi, sei uno sportivo qualunque o certamente un runner, sai quel che voglio dire. La mia testa vola ai tanti pensieri che mi hanno portato fin qui. A mio padre che forse ha guidato la mia corsa da lassù, ai nonni a Rufus, alle care persone perse troppo presto per poter vivere da quaggiù questa mia grande avventura. Un fotografo mi chiama a voce alta e mi risveglia dalla stato di gioia che provo. Mi chiama: “ANTONIO, ANTONIO, quiiiii…”. Mi fotografa. Alzo le mani al cielo e immortala il mio arrivo del 06/11/2011 ore 12:43:08PM della 42°ING MARATON DI NEW YORK. I’M IN…
Tutto quello che accade dopo,lo lascio scoprire a Te…
Il Coni decide di darmi un riconoscimento per il risultato conseguito in una competizione internazionale
Nel 2012 ci riprovo, ma l’uragano Sandy ci mette lo zampino e per la prima volta nella storia viene annullata la maratona di New York.
Pur non avendo mai fatto un metro dell’edizione 2012, ci viene riconosciuta la medaglia.
La medaglia del 2012
Ora tocca a voi…In bocca al Lupo!