E’ decisamente stato un bellissimo weekend.
Intanto perché il viaggio è stato organizzato con due amici, Giovanni Battista Damiano che corre la mezza maratona, e il mio migliore amico Giuseppe Iorfida che ha deciso di correre la sua prima 42 chilometri.
La preoccupazione maggiore è stata quella di trovare un clima clemente per il giorno della gara.
Le previsioni danno pioggia e vento a 47 km/h, ma con grande sorpresa, domenica mattina ci siamo svegliati con un tempo ideale per correre, 8/10 gradi e il classico cielo con grigiore nordico.
L’emozione di vivere l’esperienza della gara con persone a te care è sempre qualcosa di magico. Ho visto negli occhi dei miei amici la gioia, la felicità, e forse anche quell’ansia che ti assale pensando di dover affrontare qualcosa per cui sai di esserti preparato, ma per cui sai anche che una qualsiasi cosa storta ti potrebbe non far terminare la gara.
Per l’abbigliamento di oggi ho scelto il mio total black di ASICS, comprese le scarpe, le Gel Nimbus 21, che mi danno la certezza e sicurezza di un ottimo comfort e protezione, soprattutto durante i chilometri più difficili della maratona.
Ci siamo diretti nella zona di partenza intorno alle 9:15 e siamo entrati nella griglia gialla, quella che parte a ridosso dei top runner. Lo start è stato puntuale alle 9:30. Subito dopo lo sparo io e Giuseppe siamo rimasti schiacciati a delle transenne che erano posizionate in diagonale. Abbiamo perso dai 30 ai 45 secondi per uscirne. Una grossa pecca da parte degli organizzatori, e per fortuna nessuno che io sappia si è fatto male.
Parte un pochino a rilento questa maratona, perché seppur ben transennata nei chilometri successivi, la strada è un po’ stretta per contenere gli atleti e si fa fatica a trovare posizione.
Riesco a trovare un gruppo nel quale stare, si viaggia tra 4’05”/10” a chilometro. Quando sono al 9° chilometro, incrocio dall’altra parte della strada al 6°, il mio amico Giuseppe e ci scambiamo un saluto con il pollice verso l’alto a indicare che va tutto bene (siamo solo all’inizio).
La corsa è fluida e tranquilla ,non forzo neppure la falcata. Sto correndo lungo il fiume Amstel, sono chilometri armoniosi perché assaporo la campagna e i famosi mulini a vento caratteristici di questi posti. a metà gara (21km) ci passo in 1h27’, perché stavolta voglio controllare bene la corsa e avere la speranza di correre un po’ più velocemente la seconda parte della maratona. E’ anche il momento di prendere il secondo carboidrato in gel, il primo lo avevo buttato giù dopo quasi un ora dallo start. Non sono i soliti che uso (GU) ma quelli forniti dall’organizzazione (Isostad) che risulteranno essere un errore fatale.
Al 26° chilometro inizio ad avere fastidio/dolore al piede sinistro. E’dal 12 di settembre che ho una forte infiammazione tendinea dietro al tallone. Devo ridurre la velocità, ma corro anche scomposto caricando sull’altro arto. Ho il tempo di arrivare al 30° chilometro che al polpaccio destro inizio a sentire i crampi, e per esperienza so che mi daranno un bel filo da torcere da qui a poco.
Ogni tanto la testa mi porta al pensiero di Giuseppe con l’augurio che tutto proceda per il meglio.
Dal 32° chilometro si ritorna verso il centro della città. Più pubblico, strada ben asfaltata, ma anche crampi continui che mi costringono ancora ad arretrare. La stanchezza non mi fa capire che poco prima oltre ad aver corso in maniera scomposta, i carboidrati in gel, che continuo a usare, addensano un po’ di più il sangue e l’ossigenazione non è ottimale per i muscoli. I crampi hanno la meglio e devo gestire decisamente la parte più difficile della maratona, esattamente gli ultimi 7 chilometri e 195 metri.
Intorno al 37° chilometro (mi pare) c’è il sottopasso di un cavalcavia, durante la discesa distendo le braccia verticalmente al corpo per rilassare spalle, collo e scaricare un po’ di tensione dalla schiena. La salita a quel chilometraggio è una mazzata, una volta fatta ecco di nuovo i “cani” a mordere il mio polpaccio destro. E’ dura andare avanti, ma l’esperienza mi tiene calmo, freddo e soprattutto lucido nella gestione del difficoltoso e delicato momento.
Al 39° chilometro si ritorna nel Vondelpark, che per certi versi ricorda il finale della maratona di New York, con qualche saliscendi in meno magari, ma le sensazioni mi riportano lì.
Ho energie da vendere, ma non riesco a spingere per via dei crampi in agguato e uscito dal parco mancano solo due chilometri alla fine.
La strada degli ultimi chilometri si ripercorre a ritroso e la vedo restringersi come in partenza. Stavolta è più semplice correre, perché rispetto alla bolgia iniziale c’è solo un ragazzo al mio fianco sinistro che corre al mio stesso ritmo.
A un chilometro dal traguardo vedo imponente l’Olypisch Stadiun e sento il corpo vibrare perché so di essere quasi arrivato. Mi ero disinteressato del tempo di chiusura da quando i crampi hanno fatto la comparsa e solo ora inizio a prendere visione che sto per concludere comunque nei miei tempi standard.
Passo sotto le bandiere all’ingresso dello stadio, la folla applaude e incita, ma il vero tripudio è quando metto il piede al suo interno . Il tartan della pista di atletica mista agli applausi ti invita a correre più veloce, io ci provo a spingere e contemporaneamente ad allargare le mani a richiamare il pubblico per fare più casino, ma al cartello dei 175 metri il crampo mi richiama all’ordine e mi ripeto che non è il momento o la giornata giusta per giocare. Gli ultimi 100 metri li faccio con lo sguardo e la concentrazione di chi sa di aver terminato l’ennesima maratona sotto le tre ore, 2h58’23”.
Uscito dallo stadio, il mio pensiero torna all’amico Giuseppe. Mi cambio, riprendo il telefono e lo seguo tramite l’applicazione. Capisco dai tempi che sta avendo un momento di difficoltà, ma che comunque sta andando avanti, seppur a 6 minuti a chilometro. Dovrebbe arrivare nello stadio alle 13:20 e la stima finale è di 3h e 50’ di gara. Ne sono felice perché è il tempo su cui abbiamo lavorato insieme al tecnico Giovambattista Audia, terminare la gara sotto le 4 ore. A un certo punto lo vedo, entra nello stadio. Da lontano scorgo il tempo e mi emoziono al pensiero di vederlo sotto il traguardo conquistare la sua prima maratona. Giuseppe chiude la sua TCS Amsterdam Marathon in 3h50’43”. Lo vedo mettersi le mani tra la testa e scuoterla per l’incredulità e la felicità di aver finito. Finalmente quando ci vediamo fuori dallo stadio non ci resta che abbracciarci e continuare a piangere insieme per le intense e forti emozioni vissute.
Per la cronaca, l’altro amico, Giovanni, chiude la sua mezza maratona di Amsterdam migliorando il suo tempo di ben cinque minuti, giungendo al traguardo in 1h45’44”.
La maratona ti cambia, sempre!